benedetta e bastardo

sul cordolo del nostro andirivieni
dispendiosa vacanza dal mio suolo
su cui tu fondasti betulle e gigli,
come a dire dal nord al sud del corpo
il tuo che scivola tra una mano bugiarda
che nega all’altra la verità del ghiaccio
di una parola detta sul letto d’ospedale
parola a misura di una metà di uomo.
La prescrizione si ricama sul lato oscuro
di quest’uomo minacciato d’incompiuto
e chiama ritardo ciò che strega l’azione
e chiama bastardo ciò che muta di nome.
Mi reco notturno alla fonte dei tuoi capelli
e rendo mistero all’occhio rapito nel sonno.

Frederic Leighton, Flaming June (1895)
Please follow and like us:

3 pensieri su “benedetta e bastardo

  1. Credo che il termine prescrizione non indichi la temporalità, ma, alla latina, l’esclusione. Anzi, forse entrambi concetti, rendendo ancor di più la drammaticità della composizione. Concordo, dunque, con il mio grande amico Peter, ma accolgo di buon grado, al mio orecchio estasiato, anche il termine prescrizione.
    Sempre più grande il Prof. Breschi :-)))
    P.

    1. Caro Pantera, caro Peter,
      grazie anzitutto per i complimenti. Ebbene sì, il mio uso di tale parola era lungi da quello strettamente giuridico, da alcuni anni molto in circolazione tra i media e la pubblica opinione in Italia. Ma quei versi nacquero circa quindici anni fa, ben prima di tale moda. Lo intendevo e intendo, per questo mio componimento, nella prima e più generica accezione di “ordine”, “comando”, “norma data da chi ne ha autorità”. In senso medico, direi (es.: la prescrizione di un medicinale), e infatti si lega al “letto d’ospedale” di due versi sopra. Avrei potuto mettere “proscrizione”, ma anche qui omettendo l’accezione giuridica che il termine aveva già nel diritto romano… Proscrizione è anch’esso forte ed evocativo. Magari in una nuova versione cambierò.
      Grazie ancora ad entrambi,
      DB

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *