Malinconia

J.S. Bach, Partita n. 2 in re minore per violino solo, BWV 1004 (eseguita da Uto Ughi)

E se il diavolo in corpo non fosse euforia
ma sentirsi una condanna ficcata nel ventre
dalle tue stesse mani che tremano alla vita?

morire dentro è la tagliola più insidiosa,
perché ti vuole sparpagliato più che unito
e nella dispersione è l’antifona del niente
che sento addentarmi, vuol farsi largo
tra le mie costole e i ricordi miei stremati

galoppando a spron battuto, con zoccoli di fuoco
al che la sera in cenere ti rende cellula su cellula
e non stringersi che le ossa è preludio del vuoto
che assapori nel bambino lasciato a casa di notte
a esorcizzarsi i fantasmi figli della sua innocenza
ché non sapere è paura, come del resto sapere

m’imbratto sempre delle parole in cui m’imbatto
nelle ore che rintoccano a lutto, nelle ore che sai
colme di un sapore che la solitudine dà come mai
potrei carezzare sul culmine di un desiderio sfatto
come il letto scolpito dalle convulsioni di fuggitivi
quali in fondo son tutti gli amanti degni di tal nome

e se a notte m’incendio è perché non tutto si spenga
in questa città sventrata da una bassa marea d’agosto.

Fabrizio Clerici, Sonno romano (1955)
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7 pensieri su “Malinconia

  1. Che solitudine incendiaria, quale assenza che diventa presenza viva! Ti regalo qualche sillaba per ringraziarti delle tue, vive, grazie
    Parlare con Veca della chose freudienne e del deambulare necessario ad ogni filosofia
    E una manciata di minuti dopo
    Conversare con i nerds sperdutisi
    Inavvertitamente sulla Maggiano
    Di Tobino
    Di anime come si potessero disegnare
    Se avessero un profilo
    Sarebbe il grande ventre
    Di questa futura madre che mi benedice
    Augurando alla sua amniotica figlia
    La qualità della mia ferita
    Caparbia autenticità

    Esther Grotti

    1. Grazie Esther, dal bellissimo nome, presente nella Bibbia ebraica ma di origine assiro-babilonese, lingua in cui significa “stella”, “astro”. Stando sempre alle mie fonti, in ebraico Esther significa invece “io mi nasconderò”.
      Nei versi che mi regali c’è tutto questo: un vagare che sa di notturno, comunque di stellare, e un accorto velamento per celare al meglio, e al momento opportuno svelare, una “caparbia autenticità”. Dunque, davvero nomen omen
      Grazie, spero di contraccambiare con futuri doni, altrettanto ben versificati.
      DB

  2. Certo per l’uomo ogni gioia, ma che dico, solo un pò di serenità, ha il suo prezzo che deve essere pagato. Dopo un’estate al mare (I nostri giorni viareggini) misteriosamente un pò voilée, velata da un temporaneo “oblio”, ecco che tornano i pensieri, le riflessioni, l’assurdo dei nostri giorni, della nostra vita. Tutto questo l’abbiamo sempre saputo eppure, eppure non toglie l’illusione di riprovarci, così “a notte m’incendio”…
    Don Chisciotte era pazzo? Non credo, sapeva tutto ciò che faceva, ma lo faceva ugualmente. Cervantes nel descrivere il suo eroe, in effetti descrive l’uomo.
    Ti saluto.
    A presto,
    Giancarlo

  3. Gentilissimo,
    questa sua lirica è davvero molto intensa, carica di una disperazione inizialmente inconsolabile di fronte alla consapevolezza del vuoto dei tempi moderni, ma anche – quasi paradossalmente – al rigenerarsi della Vita in sé; allo stesso tempo si avverte il desiderio di non reprimere i sensi e la ragione, di non dividere mente da spirito. A proposito di notti simili a queste, mi tornano in mente le veglie invernali interminabili ed atroci che Julien Green ha saputo rendere Teatro nel suo “Il Nemico” – in cui proprio nella notte i personaggi combattono contro se stessi e contro il Male che è attorno e dentro di loro – e mi accorgo che proprio le notti, che siano gelate o torride, sono preludio alla Rivoluzione per gli Uomini quando essi vogliano vivere la Storia e non esserne solo passivi spettatori. Complimenti!
    Irene

    1. Prima o poi tocca a tutti compiere un viaggio al termine della notte…
      grazie mille, gentilissima Irene.
      DB

    1. comunque un buon modo per risvegliarsi ed iniziare la giornata, portandosi dietro quel tanto di oniricamente dolce lasciato dalla notte
      Grazie.
      DB

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