Nella sera del 13 novembre, a partire dalle 21:20 circa, tre squadre di terroristi islamici, tra cui pare anche una donna, al grido di “Allah è grande” hanno compiuto una mattanza fra le strade, nei pressi dello stadio e in altri luoghi pubblici di una Parigi bollata dall’Isis come “capitale dell’abominio e della perversione”. Tra esplosioni, raffiche di mitra e azioni kamikaze di questi fanatici religiosi che, con una serie di attacchi coordinati e simultanei, si sono tramutati in bombe umane in nome di Allah, si contano oggi almeno 130 vittime, 352 feriti, di cui quasi un centinaio in gravi condizioni. Già si parla di questo attacco omicida come del più cruento in territorio francese dai tempi della seconda guerra mondiale, e del secondo più grave attentato terroristico nell’Unione europea dopo quello dell’11 marzo 2004 a Madrid. Peraltro, è ancora vivo il ricordo dell’attentato alla sede di “Charlie Hebdo” e al minimarket kosher nel gennaio scorso, così come della sventata strage su un treno ad alta velocità diretto sempre a Parigi. Papa Francesco parla di “una terza guerra mondiale a pezzi”, di cui il 13 novembre costituisce solo l’ultimo episodio. Ultimo in quanto più recente, e temo abbia ragione.
Nei prossimi decenni dovremo convivere, fors’anche con-morire, cioè morire assieme, e per causa, di questi atti di guerra dichiarata unilateralmente da un terrorismo jihadista che dal giugno dell’anno scorso può vantare persino uno Stato sovrano territoriale. Il 29 giugno 2014, il gruppo di jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) – più noto come Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) – ha annunciato la creazione di un califfato islamico nei territori controllati tra Siria e Iraq, nominando come proprio leader Abu Bakr al-Baghdadi, “il califfo dei musulmani”. Dopo di allora, le parole “Iraq” e “Levante” sono state rimosse dai documenti ufficiali, perché l’obiettivo è riconquistare l’intero dār al-Islām, i territori che sarebbero sottoposti all’imperio politico e giuridico dell’Islam. Al di fuori è terra di “infedeli”.
Nessuno dovrebbe sentirsi escluso. Siamo tutti coinvolti. Ci piaccia o meno. Possiamo pure girare lo sguardo altrove, far finta di niente, voltare le spalle. Vorrà solo dire che saremo ancor più facilmente freddati alle spalle, mentre meno ce lo aspettiamo. Perché è questione di odio, allo stato puro. Alzate pure le mani in alto, vi crivelleranno di proiettili comunque. Forse vi, ci sgozzeranno e decapiteranno persino, se servirà a incutere ancora più terrore, a diffondere l’orrore tra gli umani e a esaltare ulteriormente gli invasati da un Allah spiegato e piegato come patrocinatore dell’odio e della guerra. Siamo tutti potenziali, appetibili bersagli. E non sarà facile debellare il fanatismo jihadista perché si tratta di un’idea inzuppata costantemente dentro le ambiguità di una religione monoteista e divenuta da tempo una virale ideologia di morte e distruzione. Da idea a virus, che contagia, che si fa epidemia. L’esistenza di un sedicente (ma già questo potersi dire e proclamare e insistere su un territorio conquistato lo rende effettivo ed efficace, riconoscibile e riconosciuto) Stato islamico non fa che rinfocolare il virus, lo catalizza per un verso, lo irradia per l’altro. Esempio incarnato che insegna agli islamisti fanatici di tutto il pianeta che può e si deve praticare ovunque la Jihad. Fonte di finanziamento e/o di istigazione ad azioni terroristiche sempre più eclatanti e devastanti in Europa e nell’Occidente intero, perché fuori dai territori sacri tutto è “abominio e perversione”.
Sempre a Parigi, quattro sere prima di quest’ultima strage, nella notte fra il 9 e il 10 novembre moriva André Glucksmann, filosofo, saggista, attivista per i diritti umani. Lo si è ricordato per essere stato con Bernard-Henri Lévy, l’esponente di spicco della generazione detta dei “nouveaux philosophes”, che da sinistra criticavano duramente il totalitarismo e il comunismo, all’epoca cultura dominante. Quindi il suo impegno a favore dei profughi vietnamiti, i cosiddetti “boat people“, in fuga dal regime comunista, per cui riunì i due vecchi compagni di scuola, avversari di una vita sul piano politico-ideologico: Jean-Paul Sartre e Raymond Aron. Poco si è sottolineato l’impegno intellettuale profuso nel tentare di descrivere e spiegare ai suoi concittadini, e agli europei tutti, cosa era, cosa è in atto nel mondo islamico e quali minacce provengano dal terrorismo jihadista.
Viene da chiedersi cosa avrebbe scritto Glucksmann di questa ennesima prova di odio ideologico. Appunto di questo avrebbe parlato. Avrebbe cioè ribadito quel che dopo l’11 settembre aveva scritto a ripetizione in più libri, usciti uno dopo l’altro. Anche in Italia si sarebbero potuti leggere di più e meglio, ossia dando loro più spazio, prestando ad essi maggiore attenzione. Traducendo saggi suggerimenti in sagge politiche di governo, per quanto queste possano arginare un fiume di fuoco ideologico ormai in piena. Assolutamente straripante. Ma avremmo potuto, potremmo avere, qualche argine in più. Nell’Europa di oggi pare ancora lontana un’assunzione piena e attiva di consapevolezza della quantità di odio che quotidianamente si rovescia su di noi, fuori e dentro i confini del nostro vecchio e stanco continente. Arriverà un giorno in cui vecchiaia e stanchezza dovranno essere scrollate di dosso. Ho il timore che ciò avverrà solo dopo che tanto, troppo sangue di vittime ignare e innocenti sarà stato versato su suolo europeo.
Ma vediamo cosa scriveva Glucksmann nel 2004. Tra i suoi tanti libri, traggo alcuni brani da Il discorso dell’odio, edito in Italia l’anno successivo, da Piemme. Quanto scritto allora, a ridosso della strage terroristica di Madrid, resta valido parola per parola oggi, e varrà anche fra un anno, fra cinque, fra dieci…:
“Tesi maggioritaria e politicamente corretta: l’odio con la “O” maiuscola non esiste, chi vi punta il dito trascura i veri problemi, chi crede di “averlo” e lo rivendica è prigioniero di un miraggio. L’odio, che prova e che manifesta, deve essere ricondotto a cause esterne e anteriori: disgrazie, frustrazioni, miseria, offese e umiliazioni. È così che la pensano i Diarroicus [personaggio de Il malato immaginario, commedia di Molière, ndr.] dell’anima. L’odio non è che il frutto bacato della mancanza di istruzione. Istruzione che si vanta di abolire ciò che non esiste. Assolutamente generale, vogliamoci bene generalizzato.
La tesi proposta in questa sede è invece ben altra: l’odio esiste, l’abbiamo sperimentato tutti, a livello microscopico dei singoli individui e a quello macroscopico delle grandi collettività. […] L’odio esiste: lo dimostra La Fontaine in una favola che un tempo gli scolari dovevano imparare a memoria, fatica che attualmente viene loro risparmiata alla luce della modernità, […]. L’odio accusa senza sapere, giudica senza capire, condanna in base al proprio piacere; non rispetta nulla, è convinto di dover far fronte a un complotto universale. […] Odio, dunque sono.
[…] Il terrorista senza frontiere colpisce là dove nessuno se lo aspetta. […]. A chi toccherà adesso? Quando? A ciascuno di noi non resta che aspettare la prossima esplosione, rannicchiati in un guscio sempre più surreale. […] Scopo del terrorista è incutere terrore, afferma Lenin, che sull’argomento può certamente essere considerato un maestro incontestabile. […] Una guerra tradizionale, per quanto sanguinosa, prima o poi termina. La guerra terroristica, al contrario, con la sua furia senza limiti non conosce alcun cessate il fuoco. Alla dimostrazione di forza sostituisce la dimostrazione di odio che, alimentato dal suo stesso abominio, diventa inestinguibile. […] Una bomba umana si nutre di odio. Questa formidabile energia distruttrice strappa l’aspirante suicida alle norme della vita quotidiana per innescare la dinamica della demolizione dell’altro spinta fino al sacrificio di sé. […] l’essere fanatici della morte non è una novità dell’ultima ora. […]
Poiché la bomba umana esiste, per la prima volta dopo il 1648 il monopolio dei grandi mezzi di distruzione è sfuggito di mano agli stati, che sono diventati attori tra attori, certamente ancora molto importanti, ma in mezzo ad altri che dispongono di un potere di devastazione imprevisto e anch’esso molto rilevante. Pertanto, è ormai necessario accompagnare la lettura di Karl von Clausewitz, sempre utile dal momento che nulla è interamente da buttare e tutto si introduce come aggiunta, a quella di Michel de Montaigne. […] tra le guerre di religione che devastavano la Francia della sua epoca e quelle che attualmente minacciano la sicurezza planetaria, le somiglianze sono lampanti. Ieri come oggi, i massacri compiuti in nome di Dio non sono religiosi ma terroristici. Invocano l’Altissimo per fini bassissimi. […] Ieri come oggi, i deliri teologico-politici, le nostre follie “formali” inaspriscono i conflitti. […] Il problema di Montaigne, quello che assilla la sua opera, è lo stato di odio cui ci troviamo di fronte attualmente, l’alleanza tra un crudeltà senza limiti e le teorie che la legittimano. […] Il succo dei tre libri degli Essais è tutto lì: separare l’odio dal discorso complice che gli apre le coscienze, lo rende presentabile, ammissibile, gradevole, desiderabile. Rivelare la crudeltà delle parole che lo camuffano, far apparire l’inumano nella sua sordida nudità”.
Aggiungo, e auspico: un soffio di Montaigne fra i musulmani, in mezzo alle prediche degli imam. Mi fermo qui. È valso citare a lungo pagine di Glucksmann. Viene da chiedersi perché questa consapevolezza non sia divenuta patrimonio dei più, quanto meno degli opinion-makers e dei governi. Perché tanta sottovalutazione, minimizzazione, fraintendimento del problema. Si è continuato a vedere la pagliuzza nei nostri occhi di occidentali e non la trave in quelli altrui, di islamisti jihadisti. Una trave su cui ci vogliono crocifiggere. Uno ad uno.
Il mio è un invito a continuare a leggere queste pagine, come tante altre di altri illuminanti libri di Glucksmann. Il ricordo di un intellettuale inteso nella migliore accezione del termine, all’altezza della massima che egli stesso ebbe una volta a pronunciare: “Saper temere significa pensare. Tenere duro significa fronteggiare”. Un invito alla lettura, il mio, che è un invito a riflettere su quanto già sapevamo, dovevamo sapere da almeno quattordici anni, da quell’11 settembre del 2001, data che si conferma uno spartiacque epocale. Dovevamo sapere, e dai più è stato ignorato, talora volutamente, dunque colpevolmente. Tacere o minimizzare è farsi complici del più letale virus del ventunesimo secolo. Mai come in questo caso, leggere e rileggere è un invito a resistere al male, a fronteggiarlo, a contrastarlo. Idee buone e giuste contro idee malefiche e sbagliate.
Caro Danilo,
non ho da rispondere niente,tutto quello che hai detto è sacrosanto. Provo un grande dolore per la Francia che amo e per tutti i martiri inconsapevoli che sono stati trucidati. Che fare? Speriamo che i nostri governanti reagiscano come si conviene senza ascoltare le sirene pacifiste dei nostri Soloni attuali.
Ti saluto con les drapeaux en berne.
Giancarlo
Si’, certamente l’odio esiste e va messo a nudo. Ce lo ha insegnato Shakespeare nell’Othello, mettendo in scena l’odio nutrito di ambizione di potere di Iago contro il malcapitato Othello, che commette l’errore di non capire l’odio di Iago, o di capirlo troppo tardi. Mutatis mutandis e’ certamente inutile chiedere le ragioni dell’odio al nemico, ma capirle e’ importante. Ad esempio, il vuoto di potere politico causato dalla guerra in Siria e’ una ragione che va presa sul serio.
A margine delle ottime considerazioni di Danilo, aggiungo poi che il problema non e’ tanto l’aver sottovalutato il nemico, ma e’ che il nemico e’ invisibile, oppure, detto in metafora, somiglia all’idra di Lerna, che quando Ercole gli taglia la testa gliene rispuntano due. Il nemico non e’ radicato in un territorio, ma e’ composto da una costellazione di cellule che si attivano in diverse parti del mondo, per poi sparire, non prima pero’ di aver chiesto e ottenuto l’affiliazione con ISIS. Detto questo, pero’, vorrei anche far notare che ISIS sembra un progetto politico e militare destinato al suicidio. Bombardare un aereo russo, aprire campagne militari in Turchia, Libia, Siria, Afghanistan, Iraq ecc… mentre si dichiara guerra all’intero mondo occidentale mi sembra una tattica tanto folle, quanto insensata. Al Qaeda era molto piu’ tatticamente astuta in confronto.
Sintesi equilibrata quella di Quattrini! Le motivazioni dell’affiliazione dei neofiti realistiche (in Liguria da piccolo sentivo di fughe nella ‘legione straniera’ con motivazioni analoghe) affondano nel disorientamento da crisi culturale europea, nel gap profondo (da noi pauroso) tra proclami e pratiche delle istituzioni in un contesto drammatico di crollo delle ideologie (e della religiosità). Scarsa perciò la nostra affidabilità con gli immigrati…prospettive nere, ahimè.
(Danilo, dedica anche un medaglione per Oriana, grazie!).
Caro Danilo, invio miei spunti di riflessione sul terrorismo globale jiadista dopo i fatti di Parigi:
1) Vedo verosomiglianza con il terrorismo anni 60-70: base ideologica, ideatori ed esecutori materiali, quest’ultimi convinti, tramite indottrinamento-autoindottrinamento ad uccidere e farsi uccidere per dare un senso alla propria vita:
a) gli esecutori o attentatori sono, prendendo a prestito un famoso romanzo, i c.d. “utili idioti”: in tale ambito troviamo persone, anche apparentemente inserite nel contesto sociale ma che in realtà:
sono e si sentono a livello psicologico emarginati sociali, oppure rancorosi o frustati per il non senso che finora hanno dato alla loro vita con un forte sentimento di distruzione/autodistruzione, per cui trovano nel microcosmo fondamentalista, dove vengono (e loro stessi in fondo vogliono) essere manipolati, si sentono appunto benvoluti e “rispettati”, hanno ivi trovato il calore familiare che nella società a loro mancava e la carica distruttiva o comunque nichilista che avevano interiormente, può sfogarsi tramite quello che loro definiscono martirio; della serie “abbiamo ora un motivo, un senso da dare alla nostra esistenza”. Perchè in fondo gli esseri umani e gli uomini in special modo, in particolare quando sono giovani, hanno bisogno di una guerra da combattere, ed ora finalmente l’hanno trovata, è lì che decidono di sfogare le loro energie, la loro forza.
b) gli ideatori sul campo: sfruttano la base ideologica della religione islamica per questioni di potere e senso di potere, hanno un forte senso di “odio” nei confronti dell’Occidente in genere, dei suoi valori e del suo stile di vita, ma guardando oltre, sono in realtà nel paradosso che odiano sé stessi, perchè sono in realtà quasi sempre occidentali o, pur essendo nati in contesti non occidentali, sono stati cresciuti ed educati nel proseguio della loro vita in occidente: sono occidentali che rifiutano di essere tali! (Non è una caso che coloro che dall’europa vanno a combattere o addestrare o comandare in zone quali siria, iraq etc.. vogliono comunque come mogli donne occidentali convertite, perchè in fondo hanno bisogno di persone che pensano in maniera occidentale ed hanno abitudini occidentali)
c) i finanziatori: si sa bene chi sono, il regime waabita soprattutto, principi arabo sauditi prevalentemente, spesso in conflitto fra loro, assieme ad Emirati Arabi, Kuwait e Turchia medesima, che finanziano le cellule terroristiche sunnite in opposizone al regime sciita, alla guerra in Siria etc..: qui la politica occidentale non solo è carente ma è ambivalente (lèggi: petrolio, bisogno di stabilizzazione strategica in certe aree geografiche per cui faceva e fa comodo avere forze che limitano la potenza locale di certi regimi, anche in chiave antirussia (leggi Siria) etc..).
2) Nelle dinamiche, pur essendo, ovviamente, con le dovute proporzioni, un terrorismo uguale o comunque simile ai terrorismi passati e se vogliamo ai contesti totalitari del passato (in tal caso avevamo un terrorismo di Stato – nazionalsocialismo-comunismo ed es.), la differenza, in peius, è il fatto che qui il fondamento ideologico non è una dottrina creata, a livello storico in tempi recenti, ma una religione millenaria che ti dà la scusa in un testo sacro dell’imperativo categorico: uccidi l’infedele! Ciò che voglio dire è che le stagioni passano e con esse anche tante ideologie e il terrorismo che si sono portate dietro; altri terrorismi sorgono e sorgeranno e magari si dissolveranno, ma la religione islamica è in sé un problema, perchè con la codificazione in un testo sacro di simili diktat, rappresenta e rappresenterà nel futuro un facile alibi da utilizzare con una moltitudine di persone disposte e/o bisognose a seguire il machiavellico di turno, poi hai voglia a dire…ma va interpretata..sì..sì.. io la interpreto nel senso che ti debbo/voglio uccidere.. (prima gli ebrei, poi i cristiani e chi non professa l’islam, poi gli islamici che non la interpretano o meglio non vogliono fare ciò che dico/voglio io; un facile alibi per trattare gli altri come cose con la scusa paravento di un’allah vendicativo di cui io sono ovviamente il fedele discepolo-esecutore, mica gli altri..) etc…
3) Politiche da adottare per sconfiggere questo terrorismo: una Politica Occidentale comune che in primis, con i sacrifici, anche economici necessari, metta in totale discussione le alleanze con i regimi arabi ed abbia una politica più netta di moral suasion con la Turchia, smettendo di fare politiche poi rilevatesi suicide come la prima guerra in Iraq in accordo con l’Arabia Saudita, dove l’amministrazione Bush ha utilizzato la scusa delle Torri gemelle per altri scopi geopolitici; ampliare e coordinare il lavoro di intelligent; non creare e ridurre dove ci sono, zone di emarginazione nella popolazione islamica: in particolare fin d’ora è necessario quantomeno non cadere nella politica del rifugiato terrorista (come lo era in effetti uno degli attentatori registrato in Grecia ad Ottobre): la maggioranza dei rifugiati sono persone che scappano dagli stessi stessi terroristi che hanno terrorizzato Parigi; se facessimo una guerra ai rifugiati per respingerli, fomentando l’odio contro gli stessi, creeremo, all’interno del mondo islamico già presente in Europa, ampie zone di emarginazione ed odio e sospetto reciproco, da cui poi i terroristi potrebbero negli anni continuare ad attingere ed il terrorismo ad alimentarsi. Questo è proprio uno degli obbiettivi a cui hanno mirato gli attacchi di ieri a Parigi (non è un caso, secondo me, che sia venuta fuori la registrazione come rifugiato del terrorista in questione: si vuole, da parte degli ideatori delle stragi, creare proprio tale situazione, gonfiando i vari partiti xenofobi di destra nelle varie nazioni europee per destabilizzare ulteriormente la società europea)
4) Comunque sia penso, immaginando un futuro ipotetico (nel senso che non so quanti anni ci vorranno), che l’umanità, di cui la società occidentale con i suoi valori (ed anche con le sue contraddizioni) rappresenta allo stato il lascito migliore a livello di rispetto, libertà e responsabilità, ed in ultima analisi di coesistenza fra esseri umani, l’umanità appunto guarirà, attraverso i suoi anticorpi “occidentali” intesi in senso concettuale e non necessariamente geografico, da questo febbrone (febbre che nel breve e medio termine sarà comunque ancora in forte ascesa), poiché, in fondo, la libertà, a cui ogni essere umano aspira perchè è insista nel dna di ciascuno, non può perire con forzature orchestrate a livello terroristico-intimidatorio-ideologico; ciò anche se la cappa derivante dalla “scusa” islamica è ben più pesante, pregante e presumo persistente delle altre che sono state storicamente “superate”.
E’ una lucida e splendida analisi della situazione attuale.
L’odio allo stato puro non esiste: l’odio ha sempre delle cause, l’odio ha sempre un elemento di razionalità (è l’amore che è irrazionale, o meglio sovra-razionale). Non c’é bisogno di scomodare il 1648, per spiegare quello che sta succedendo; le cause sono molto più vicine: guerra d’Algeria, situazione Israele/Palestina, invasioni varie dell’Afganistan, invasione dell’Irak, distruzione dello stato libico (caldeggiata da certi nouveaux philosophes), ecc. ecc.
Certo, “two wrongs don’t make a right“, come suol dirsi; certo: adesso che ci siamo, dobbiamo difenderci con tutti i mezzi, e se necessario contrattaccare. Ma qui nessuno è innocente – e allora forse più che Montaigne (che amo) servirebbe Pascal (che amo ugualmente), con il suo profondo senso della miseria umana.
Cordiali auguri da
Paolo
Articolo interessante e in gran parte condivisibile. Grazie di averlo scritto e postato. Buoni anche i commenti di Gianfranco Pasquino.
E’ solo una perdita di tempo chiedere a chi odia di spiegare le sue motivazioni. Bisogna, invece, fermamente imporre a chi giustifica l’odio di spiegare perché mai. Purtroppo, nelle parole dei giustificazionisti si trova spessissimo altrettanto odio per chi non la pensa come loro e non li riconosce come guru assoluti. Bravo, Breschi, a riproporci il pensiero di Glucksmann. Sottolineo, soprattutto, la citazione “Saper temere significa pensare. Tenere duro significa fronteggiare”.
bravo, Breschi, bravo. Ottima la citazione di Glucksmann da lei scelta: “Saper temere significa pensare. Tenere duro significa fronteggiare”. Ottimo l’invito a chi odia di motivare il suo odio. Aggiungo che chi giustifica i portatori di odio e di morte dovrebbe a sua volta spiegare il perché non attribuendo la colpa prossima o remota a noi occidentali. Ma, se c’è l’Islam cattivo e l’Islam buono, non è possibile, anzi, probabile che ci siano gli Occidentali cattivi, ma anche quelli buoni?