Colpa di Eva… e di Adamo. Bibbia e diritti umani

Recensione a: Sarah M. Grimké, Poco meno degli angeli. Lettere sull’eguaglianza dei sessi, a cura di Thomas Casadei, trad. dall’inglese di Ingrid Heindorf, Castelvecchi, Roma 2016, pp. 126, € 14,50.

Quel che per diciotto secoli era stato giustificato mediante le Sacre Scritture cominciò ad essere ribaltato sulla base della medesima fonte. Protagonista di tale rovesciamento esegetico fu negli Stati Uniti d’America Sarah Moore Grimké (1792-1873), assieme alla sorella Angelina. Nate e cresciute nelle piantagioni della Carolina del Sud da una ricca famiglia di proprietari di schiavi, entrambe manifestarono precocemente il loro anticonformismo e la loro voglia di emancipazione per il genere a cui appartenevano e per gli afroamericani. Ancora piccola, Sarah fu punita per aver insegnato a leggere e scrivere alla sua schiava personale. Abbandonata la Chiesa episcopale, diventò quacchera, dopodiché, a metà anni Trenta, aderì alla Female Anti-Slavery Society di Philadelphia. Contribuì al nascente movimento femminista americano, sorto dal settarismo radicale e dal dissenso interno rispetto all’ortodossia e alle posizioni più conservatrici sostenute dalle varie confessioni cristiane presenti sul territorio statunitense. Dalle iniziative culturali e dalle battaglie politiche e civili di Sarah e Angelina, così come di tante altre donne e uomini dell’America della prima metà dell’Ottocento, emerge in modo netto e chiaro tutto il potenziale di sovversione che è inerente alla fede cristiana.

Rispetto alla tradizionale predicazione dei pastori protestanti Sarah contro-argomentava nei seguenti termini: è Dio stesso ad aver creato uomo e donna a propria immagine, come insegna il libro della Genesi. Una creazione di esseri morali e responsabili, investititi direttamente dal Creatore di “sacri e inalienabili diritti”. Affermare l’inferiorità della donna e stabilirne una condizione di discriminazione e subordinazione al maschio significava pertanto offendere in primo luogo “la saggezza e la misericordia di Dio”. La Bibbia fu perciò riletta come la grande carta dei diritti umani, la fonte indiscutibile che legittima la parificazione tra uomini, donne e schiavi nel nome dell’eguaglianza universale.

Con la sorella, nel 1837 Sarah affrontò ventitré settimane di viaggi e incontri – più di ottantotto – tanto da parlare in ben settantasette tra città e villaggi ad oltre quarantamila persone, uomini e donne. Obbiettivo era replicare alla Lettera pastorale con cui il clero congregazionalista del Massachusetts aveva sostenuto, in ciò concorde con i quaccheri più ortodossi, che le donne non potevano parlare in pubblico. Si trattava di una lettera ufficiale pubblicata il 12 luglio 1837 sul “New England Spectator” con lo scopo di attaccare proprio le sorelle Grimké e la loro fervente attività abolizionista. Si sosteneva perciò, da parte del ministro congregazionalista di Boston Nehemiah Adams, che la subordinazione delle donne agli uomini era stata ordinata direttamente da Dio.

Quella di Sarah intendeva essere una replica basata su argomentazioni che traessero linfa dalla stessa teologia cristiana e da un’esegesi biblica libera dalle traduzioni false e tendenziose operate da teologi e ministri del culto mossi anzitutto dal proprio orientamento maschilista. Scriveva infatti nella prima delle sue lettere, raccolte l’anno dopo in un opuscolo dal titolo Letters on the Equality of the Sexes and the Condition of Woman (1838): “Sono incline a pensare che, quando noi saremo ammesse all’onore di studiare il greco e l’ebraico, produrremo varie letture della Bibbia alquanto differenti da quelle che abbiamo ora”. Quanto addotto dall’Associazione generale dei ministri congregazionalisti, continuava Sarah, era solo frutto di pregiudizi, alimentati da un’educazione tradizionale di cui la prima vittima era la donna, relegata ad un ruolo subordinato, di soggezione edulcorata da un’etichetta tanto ipocrita quanto vuota: “Quanto mostruosa, quanto anticristiana, è la dottrina che la donna deve essere dipendente dall’uomo! Dove, in tutte le Sacre Scritture, è insegnato questo? Ahimè! Essa ha troppo bene imparato la lezione che l’UOMO ha cercato di insegnarle. Essa ha creduto i suoi più cari DIRITTI e si è appagata dei privilegi che l’uomo ha deciso di concederle; essa si è divertita con l’apparenza del potere, mentre l’uomo ne ha assorbito tutta la realtà. egli ha adornato la creatura che Dio gli diede come compagna con fronzoli e gingilli, l’ha resa attenta a essere personalmente attraente, ha offerto incenso alla sua vanità e ha fatto di lei uno strumento della sua gratificazione egoista, un giocattolo per compiacere il suo occhio e per distrarsi nelle sue ore di ozio” (l’uso dello stampatello è nel testo).

L’argomento con cui tradizionalmente si è avallata questa sudditanza è ingannevole e subdolo, riassumibile nella formula “governate con l’obbedienza e dominate con la sottomissione”, come a dire che la vera detentrice di autorità e anche potere tra le mura domestiche è sempre stata la donna dal momento che l’etica cavalleresca costringerebbe gli uomini ad essere “gentili e concilianti”, come scriveva nel 1776 John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti d’America, alla moglie Abigail Smith, convinta dell’esatto contrario. Qualche decennio dopo era proprio Sarah Grimké a denunciare questo “codice della moralità domestica che è stato insegnato alla donna”, incentrata sull’esaltazione della gentilezza e mitezza come virtù tipicamente femminili. Nel concreto queste erano sinonimi di arrendevolezza e sottomissione ai comandi dei padri e dei mariti.

Quando si afferma che l’uomo è più forte della donna si dice qualcosa di valido solo sul piano della “forza bruta”, della mera forza fisica, ma se si pretende di “affermare che la debolezza mentale o morale è propria della donna più che dell’uomo, allora nego totalmente questa pretesa”. Certamente non può essere fondata sulla parola di Dio, a meno di non velarne o alterarne il significato immediatamente comprensibile alla semplice lettura dei testi: “Mi pare totalmente sconveniente alla dignità di un corpo cristiano tentare di stabilire una distinzione così antiscritturale fra uomini e donne. Ah! Quante persone del mio sesso sentono nel dominio così ingiustamente esercitato su di loro, con la pretesa gentile della protezione che ciò a cui si sono appoggiate si è dimostrato di essere al meglio una canna rotta, e spesso una lancia” (il primo corsivo è mio).

Salvatore Fiume, Adamo ed Eva (1967)

In un’altra lettera, Sarah ricordava come storicamente il cristianesimo sia stato liberatore nei confronti dei vincoli che le donne subivano dalle “tradizioni giudaiche e dagli usi pagani”. Ricordava, in un’altra ancora, “l’eguale colpa dell’uomo e della donna nella Caduta”, nella cacciata dal Paradiso terrestre. In modo velatamente provocatorio, ella affermava di essere “una di quelle che sempre ammettono, nella più larga misura, l’accusa popolare che la donna ha portato il peccato nel mondo”, ma di accettarlo “come un motivo potente che spiega perché la donna sia tenuta a lavorare con doppia diligenza, per la rigenerazione di questo mondo che essa ha contribuito a rovinare”. E anche in questo caso elencava passi della Sacre Scritture che provavano “l’identità e l’eguaglianza di uomo e donna, e che non c’è differenza nella loro colpa agli occhi di quel Dio che esplorava il cuore e provava i reni dei figli degli uomini”. I reni sono la sede del giudizio nel linguaggio poetico biblico. D’altronde in I Timoteo 2,14 si legge: “Adamo non fu ingannato; ma la donna essendo stata ingannata, si trovò nella trasgressione”. Come a dire, commentava ironica Sarah, che il primo uomo fu consapevole delle conseguenze “del condividere la trasgressione”. E allora, tutta colpa di Eva?

Nell’opuscolo del 1838 Sarah rivendicava l’emancipazione femminile e l’abolizione della schiavitù tramite la lotta per il suffragio universale, combinando il tema dei diritti di libertà con una riforma della lettura e interpretazione delle Sacre Scritture. La battaglia condotta dalle sorelle Grimké era la stessa di Theodore Dwight Weld (1803-1893), predicatore, educatore e riformatore, e tra i principali leader del movimento abolizionista americano. Perentoria una sua sentenza: “non conosco i diritti dell’uomo, o i diritti della donna; i diritti umani sono tutto ciò che io conosco”. Eloquente il titolo di un suo scritto, coevo all’opera della Grimké: The Bible Against Slavery, or, An inquiry into the Genius of the Mosaic System, and the Teaching of the Old Testament on the Subject of Human Rights (1837). Merita, a tal proposito, citare un passo di Lutero, direttamente o indirettamente presente in tutto il cristianesimo riformato americano: “Io sono un uomo, questo è un titolo più alto che quello di essere principe. Motivo: Non è stato Dio a fare il principe, ma gli uomini, ma che io sia un uomo, è stato solo Dio a farlo”. Ecco quel potenziale eversivo di cui si parlava; eversivo, ad esempio, rispetto alla giustificazione monarchica o aristocratica di gerarchie politiche e sociali permanenti e immutabili. Ogni legittimazione in nome di Dio è semplice impostura.

La Bibbia come fonte di insegnamento in materia di “diritti umani”, niente di meno che questo. D’altro canto, si legge in Galati 3,28: “non c’è né uomo né donna; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”. Ne faceva menzione Sarah Moore Grimké. Ecco il perché delle abbondanti e lunghe citazioni dalle sue lettere, di permanente validità come tutto ciò che ha fatto la storia di una civiltà dei diritti e dei doveri, della libertà e dell’eguaglianza. Lettere degne di larga diffusione anche nell’Italia e nell’Europa di oggi. Citazioni che sono qui intese a segnalare il ritorno di attualità di temi e argomenti che, volenti o nolenti, agiteranno nell’immediato futuro le acque già mosse del nostro presente.

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17 pensieri su “Colpa di Eva… e di Adamo. Bibbia e diritti umani

  1. Grazie Danilo per la tua recensione chiarissima e sintetica di un testo molto bello che pone nell’ottica giusta diritti umani e fondamenti religiosi.
    Le citazioni dall’Antico e dal Nuovo Testamento cristiano, quelle di Lutero e di Weld sono preziose per meglio comprendere l’autrice e lo spirito grandissimo per il bene di tutti e per la giustizia che l’animava.
    Perfetta la tua conclusione: “…….volenti o nolenti questi temi agiteranno nel prossimo futuro le acque già mosse del nostro presente”.

    Un caro saluto.
    Annamaria

  2. Da sostenitore del femminismo, riconduco all’animo gentile di Sarah Moore Grimké la di lei dolcificata ermeneutica biblica: sia che si tratti di una lettura distorta involontariamente, sia che l’assunzione di tale posizione abbia la sua origine in una scelta d’opportunità. In ogni caso è da dirsi che i contenuti femministi da costei fatti emergere non hanno luogo all’interno dei testi biblici, specialmente in quelli veterotestamentari. La verità in effetti giocava a favore dei suoi avversari. E dico ciò sulla base dei miei studi sull’Ebraismo e sul Cristianesimo. All’interno delle religioni di matrice giudaico-semitica è presente una componente misogina, di cui è possibile intravedere la radice attraverso una corretta ermeneutica dei brani che parlano della comparsa del genere umano in “Genesi”. Occorre tradurre quelle parti del testo biblico con la forma mentis dell’autore, e non con acrobatiche operazioni concettuali (lontane dalla lettera e dal contesto storico) che sviano l’ignaro lettore comune.
    http://danilocaruso.blogspot.it/2014/06/antropogonia-e-androginia-nel-simposio_4.html
    Non sia fraintesa (in senso antisemita: una cosa opposta al mio modo di pensare) l’affermazione per cui il “Tanak” in virtù dei principi socio-politici pragmatici proposti non abbia niente da invidiare al “Principe” di Machiavelli. E a fare le spese di tale pragmatismo vi sono pure le donne: pensiamo ad esempio agli inammissibili casi, in una situazione di normalità, del “femminicidio” della regina Gezabele, dell’azione di guerra di Giuditta, o del non disapprovato incesto delle figlie di Lot. In parole povere, la figura femminile nell’Antico Testamento non è apprezzata (si parla, tra l’altro, di una condizione di impurità legata al ciclo mestruale, disciplinata dalle norme religiose). Diversi pregiudizi di origine ebraica sopravvissero all’interno del Cristianesimo. Non si può proprio dire che Paolo di Tarso è un femminista, nel momento in cui riflette quella mentalità che spinse poi al compimento di crimini contro l’umanità grazie alla persecuzione, alla tortura, e alla soppressione di “streghe” operate dai Cristiani: e c’è chi stima, tra gli studiosi di storia, le vittime in diversi milioni. Mi spiace dire, comprendendo un punto di vista dissimile dal mio (ma che lo era stato, essendo nato come molti nella consuetudinaria “cornice religiosa cristiana”) che un Cristianesimo evangelico non è esistito che in piccola percentuale, e frutto di persone in “buona fede”, le quali sono state strumentalizzate in funzione di specchietto per le allodole.

  3. Una analisi profonda e puntuale sulla modernità della dottrina cristiana. Uguali uomo e donna.in quanto figli dello stesso padre e con uguali diritti. La parità è messa in discussione dalla malafede e dall’ignoranza.Grazie per il tuo lavoro.

  4. Uno studio ampio e significativo sulla modernita’ della dottrina cristiana e sui motivi per cui non esistono i diritti dell’uomo o della donna ma i diritti “umani”. La parità è messa in discussione solo dalla malafede e dall’ignoranza. Complimenti per il tuo lavoro!

  5. Grazie per aver sottolineato,tramite la sintesi precisa e puntuale del contributo della Grimke’, la Potenza rivoluzionaria, sconvolgente e moderna del Cristianesimo. Se volessimo leggere con mente e cuore sincero non saremmo tanto relativisti e scopriremmo la forza della nostra identità culturale e, per chi crede, della fede.

  6. Le diversità sembrano segnare sempre differenze sebbene variabili a tempi e contesti, e forse inevitabili dati i meccanismi analitici insiti al processo mentale umano

  7. Brave le sorelline. Ma a monte di tutto ciò si tende a dimenticare che si sta parlando di un “libro”, la Bibbia, scritto da uomini cioè da esseri umani. Mi piace la frase citata di T.Dwight Weld dove c’è tutto quello che si dovrebbe tenere presente e perseguire. Ogni epoca ha la sua evoluzione, o la involuzione, nel riconoscimento della parità di diritti, spesso intesa come supremazia dell’uno o dell’altro sesso, e credo che sarà sempre così. Ogni volta con piccoli o grandi cambiamenti, ma la vera parità è fuori dalla nostra capacità di comprensione, temo. Grazie, molto interessante e, come sempre, l’orizzonte mentale si amplia.

  8. È singolare come come oggi si tenti di fare chiarezza sulle immagini di uomo e donna e di ciò che ognuno eticamente rappresenti nella società civile e religiosa. Ancora… oggi… quando diamo per scontate certe posizioni e che,in realtà, non lo sono per niente. L’emancipazione femminile è accettata nelka misura in cui si parla di “libertà “… ma da cosa?
    Grazie Prof… per quello su cui mi aiuta a riflettere.

  9. Such an impact these two sisters had on the Unitied States as well as the world. With biblical foundations and a desire to be as educated and productive in society, as ‘man’, while educating others less fortunate. Put no faith in man (dependent) but in God. Thanks for sharing.

  10. Caro Danilo ,
    ti ringrazio per avermi fato conoscere una bella e importante pagina della emancipazione femminile.
    Buon lavoro.
    Luciano

  11. E sempre al centro
    È la differenza…
    Dalla differenza
    Alla gerarchia il tratto è breve.
    La strada è convincerci
    Che nessun uomo è uguale ad un altro uomo
    E che nessuna donna è uguale ad un’altra donna.
    Il pregiudizio spunta sul tronco della generalizzazione.
    Grazie, Danilo.
    L’immagine è scelta è bellissima.

    1. Questo commento mi sembra che abbia colto l’essenziale: nessun uomo e nessuna donna sono uguali, e la gerarchia, trasversale ai sessi, è inevitabile; ma ad ognuno, a qualunque grado appartenga, deve essere riconosciuta in pari grado la dignità che viene dalla natura umana. Questo mi sembra il fondamento dell’antropologia che la Genesi ha proposto al mondo (non solo ai popoli del libro): antropologia raggiungibile anche per via di ragione, ma che la Genesi afferma con un colpo solo: l’uomo come “imago Dei”. Un colpo definitivo (in ogni senso).

  12. ESSENZIALITA’ IN BRESCHI. “Quanto mostruosa,quanto anticristiana è la dottrina che la donna deve essere dipendente dall’uomo” “Non conosco i diritti dell`uomo o i diritti della donna; i diritti umani sono tutto ciò che conosco”. “Non c’è né uomo né donna; poiché voi tutti siete uno in Gesù Cristo”.

  13. Caro Danilo,
    Sempre e originali e preziosi i tuoi studi. Ti propongo un tema per il tuo prossimo seminario: “C’è chi ha insegnato la Bibbia dei diritti umani ai maschi cristiani. È possibile insegnare il Corano dei diritti umani ai maschi musulmani?”.

    Ne comprenderai l’urgenza 🙂

    Marco

  14. Hi Danilo! We hope to see you in our seminars as soon as possible. Such an argument would be very interesting to discuss with you.
    Best,
    E.

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