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Professore aggregato di Storia del Pensiero Politico presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi Internazionali di Roma - UNINT.

Tecnodemagogia?

Altro che tecnocrazia. Qui, in Italia, c’è politica che fa demagogia.

Ricapitoliamo, allora. Il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, annuncia che è in arrivo un provvedimento del suo ministero, secondo cui si dovrebbe prendere la decisione di togliere l’obbligo di mascherina all’aperto in tutta Italia, indipendentemente dal colore delle regioni, a partire dall’11 febbraio. Si prevede anche la riapertura delle discoteche (con green pass rafforzato, etc. etc.). Peraltro, la stampa, con l’avallo di qualche dichiarazione del sottosegretario di turno (vedi alla voce Pierpaolo Sileri), ventila sempre più l’ipotesi che a fine marzo prossimo non vi sarà più l’ennesima proroga dello stato di emergenza. E, secondo altre fonti, dovrebbe persino cessare il lavoro della struttura commissariale guidata dal commissario generale Figliuolo. Dunque, emergenza finita (?).

Nelle stesse ore dello stesso giorno il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) ha espresso parere (non vincolante) contrario alla decisione di Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, il quale ha proposto di tornare alla normalità proprio a partire dall’esame del primo ciclo per il quale sono previste due prove scritte e un colloquio, mentre per gli studenti delle superiori l’idea è quella di tornare alle due prove scritte. Sempre per quanto riguarda l’esame di maturità, la richiesta del Cspi è di rivedere l’ordinanza “senza dover far ricorso necessariamente alla seconda prova scritta”, ovvero quella di indirizzo. La seconda prova, così come prevista dalla proposta del ministro Bianchi, sarebbe già peraltro assai depotenziata, visto che sarebbe elaborata dai professori interni “che conoscono bene i propri studenti e quindi tarata sui loro livelli educativi”.

Insomma, il Cspi boccia la seconda prova prevista degli esami di stato della scuola secondaria di secondo grado prevista dal ministro Bianchi. E chiede di ripristinare per quello del primo ciclo il maxi orale, come lo scorso anno. La notizia giunge subito ai diretti interessati ed ecco puntuale la dichiarazione rilasciata da Tommaso Biancuzzi, coordinatore della Rete degli Studenti Medi (sic!): “Il parere del Cspi ci indica che abbiamo ragione. Abbiamo chiesto agli studenti e alle studentesse in tutto il Paese di mobilitarsi venerdì scorso contro una proposta fuori contesto e un atteggiamento del ministero antidemocratico [sì, nel comunicato si dice proprio così!, ndr.]. La risposta è stata più che positiva, con piazze in tutto il Paese. Oggi questo parere del Consiglio superiore, seppure non vincolante, ci indica che stiamo portando rivendicazioni giuste”. Dunque, l’emergenza continua (?). Niente ritorno alla “normalità” per la scuola.

Allora, come andrà a finire? Se il parere del Cspi verrà accolto, credo che si confermerà che la democrazia, almeno in Italia, è definitivamente degenerata in demagogia, anche senza aver bisogno di una maggioranza cosiddetta “populista” al governo. Basta una tecnocrazia in cabina di regia, che guardi all’economia con l’obiettivo ossessivo-compulsivo della “crescita”, assecondata da una politica che su questa trova anch’ella consenso, e dunque lascia fare, aggiungendovi un po’ di concessioni a chi protesta e alza la voce. Se poi si tratta di studenti, visto che comunque per il momento non lavorano e devono solo parcheggiarsi in edifici chiamate “scuole”, tanto vale non mettere loro troppa pressione, ansia, e farli distrarre e divertire. Lasciarli giocare, ovviamente con qualche periodica manifestazione sui temi più alla moda dell’impegno etico e civico (negli ultimi anni va molto il “green”). Spartito e interpreti del sottofondo musicale e canoro li fornirà, come sempre, il sistema dei mass media.

In conclusione: un paio di aforismi di Karl Kraus chiudono la questione. Incidono la lapide conficcata sulla tomba che presto verrà posta all’insaputa di tutti, dal momento che le visite ai cimiteri notoriamente scarseggiano. Almeno i mass media non vi pongano per qualche tempo i propri riflettori, inscenando qualche talk show cimiteriale.

Primo aforisma: «La democrazia divide gli uomini in lavoratori e fannulloni. Non è attrezzata per quelli che non hanno tempo per lavorare»; tipo, aggiungo io, gli studenti e gli insegnanti, tutti coloro che operano nella scuola, parola che deriva dal greco scholè, che originariamente era l’otium, il tempo libero, tutto il tempo di coloro che non erano obbligati a lavorare, tempo che essi dedicavano a far le cose amate, desiderate, tra le quali era appunto lo studio, inteso come passione, amore del sapere (filosofia). Era insomma la filosofia ciò che si ama, che si fa nel tempo libero. Con la Grecia del V secolo emerse una scuola libera da preoccupazioni sia religiose sia pratiche, divenendo strumento di un’educazione liberale (nel senso antico, alla Leo Strauss, del termine). Da lì poi uscivano anche cittadini, nel senso proprio della parola. Individui capaci del governo, anzitutto di sé. Finita questa idea di scuola, acquista verità il secondo aforisma di Kraus, con il quale prendiamo congedo:

«Democratico vuol dire poter essere lo schiavo di tutti».