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“Mai più terrorismo”: il Papa in Israele

di Edoardo Tabasso

Dopo Giordania e Palestina, il viaggio di Papa Francesco è continuato in Israele.
All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv è stato accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benjamin Netanyahu. Nel discorso alla cerimonia di benvenuto il Pontefice è tornato sul processo di pace tra israeliani e palestinesi. “Lo Stato d’Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. E il popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana,” ha affermato il Pontefice, che ha condannato l’attentato terroristico al museo ebraico di Bruxelles di sabato scorso che ha provocato la morte di 4 persone, ulteriore segnale della ripresa dell’antisemitismo e dell’ossessione antisraeliana in Europa.
Il Papa ha voluto rivolgere un saluto a tutti i cristiani di Gerusalemme. Israele, vogliamo sottolinearlo, è rimasto l’unico luogo dove i cristiani in Medio Oriente si sentono al sicuro. Lo rivelano i numeri. Oggi i cristiani aumentano di numero in un solo paese nel Medio Oriente: Israele. Nel 1949 ammontavano a 34.000 persone, oggi di 163.000 e di 187.000 è la previsione nel 2020.
“Preghiamo per tutte le vittime del terrorismo”. Sono queste le parole pronunciate da papa Francesco in occasione della visita al monumento alle vittime israeliane del terrorismo. È stato l’ufficio del premier Netanyahu a far sapere a Francesco l’esistenza del memoriale e il Pontefice ha deciso quindi di andarci, quasi a bilanciare il fatto di Betlemme. Ci riferiamo alla preghiera davanti alla barriera difensiva costruita per evitare che i terroristi sparassero addosso alle macchine e alle case degli israeliani, e che i terroristi suicidi passassero liberamente per i campi col loro giubbotto esplosivo per andare ad ammazzarsi in bar, autobus, luoghi di preghiera, mercati. E infatti da quando la barriera funziona, il terrorismo è diminuito radicalmente. Viene mostrata a Francesco la lapide in ricordo delle 85 vittime del massacro di Buenos Aires, quando nel 1994 un’autobomba fece strage nella sede della maggiore organizzazione ebraica argentina, quando Bergoglio era vescovo ausiliario di Buenos Aires.
“Mai più”. Frase ripetuta riferendosi davanti alla fiamma perenne dello Yad Vashem, il memoriale per i sei milioni di ebrei trucidati dai nazisti.
«Mai più»: un concetto che già in precedenza aveva espresso al Gran Mufti di Gerusalemme che nei sue interventi rivendica la distruzione di Israele. Il Papa ha anche annunciato di voler ospitare in Vaticano un incontro tra Abu Mazen e Peres: “Offro la mia casa in Vaticano per ospitare un incontro di preghiera”.
Francesco durante questo viaggio non s’è posto obiettivi di mediazione, non si è ritagliato un ruolo super partes. Ma attenzione a leggere tutto quanto è successo in chiave “politica”. Perché se, certamente, ciascuno di questi gesti è stato preceduto, e sarà seguito, da un’attenta riflessione e da un intenso lavoro diplomatico, quello che davvero conta, e resta per sempre, è il segno.