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Il mito della “nuova” azione poetica. Appunti

di Tomaso Kemeny

Le avanguardie e le neo-avanguardie hanno teso ad abbagliare la tradizione per aprire nuovi sentieri alle forme ed ai valori. Nella nostra epoca dell’Impero del Brutto non è rimasto nulla da decostruire, devastare, ridicolizzare, distruggere. Ovunque trionfa il vuoto intellettuale e formale, mentre il disgustoso, l’immorale e la mancanza di talento vantano il proprio dominio. Non rimane che vivere secondo i dettami di una “bellezza sovversiva” e lottare per la nascita di un mito in grado di rivalutare-accettare di essere deboli-sconfitti in attesa di una “impossibile” liberazione dall’Impero del Brutto fondato sulla corruzione globalizzata. È l’ora di rivalutare un destino che non sia volontà trascendente e a noi esteriore, ma che invece sia una volontà-desiderio interna a noi. Se la cinica consapevolezza condanna il mondo alla perdita di ogni capacità di creare il futuro, sia la “fede poetica” a garantire quella sospensione dell’incredulità che è in grado di farci aderire incondizionatamente a quelle “illusioni” che, secondo Ugo Foscolo, ci “fanno camminare sulle stelle”, favorendo quell’appetito dell’impossibile e del prodigioso che ci porta e porterà alla rivolta contro l’Impero del Brutto e contro quelle insensatezze che fanno sprecare la vita a tutti i contemporanei.

Il mito potrà nascere da serie di azioni poetiche propositive in grado di sfidare la profonda stanchezza di un’epoca dovuta alle eclissi di quelle attese utopiche fondamentali per le condizioni eroiche dell’essere umano che, come tale, fino dalle origini mitiche, da quando Prometeo s’immolò per concedergli il “fuoco”, ha sempre teso al superamento del dato. Ed è ingiusto, tuttavia, addebitare totalmente la spossatezza spiritual-culturale alle nostre società, allo sconfinato Impero del Brutto in cui ci troviamo a vivere, poiché ognuno di noi è, invece, responsabile della rinuncia a una vita vissuta all’altezza delle possibilità umane, lasciandoci arruolare nella schiera dei “morti-viventi”.

Contro il cinico buonsenso non si può che aspirare a una vita conflittuale con le relazioni proposte-imposte dalla “realtà”, per essere pronti a contribuire alla nascita di un mondo fondato sulle fulgide esigenze di una mitica bellezza ancora ignota, metamorfica trasfigurazione della grande tradizione non del tutto sradicata dal corpo di un Italia idealmente incoronata dallo splendore. Dare forma a una bellezza ignota sarà realizzabile solo quando, come già intuì Plotino nelle sue Enneadi, al di là dell’identità e della differenza, le persone vivranno le esigenze metamorfiche della bellezza oltrepassando i confini del noto. Chi vede il bello come altro da sé, non contribuirà alla nascita trionfale del nuovo mito. Per la condizione metamorfica della bellezza, basti ricordare alcune sue apparizioni storiche: la bellezza romanica, rinascimentale, barocca, romantica surrealista ecc.

A 150 anni dall’Unità dell’Italia, sentendo l’improrogabile epifania della futura nascita di un mito rigenerante, consapevole che nessun Dio, nessun governo avrebbe mosso un dito contro l’Impero del Brutto, colsi la scintilla nel vento per stilare il “Manifesto per l’Italia Unita nella Bellezza”, invitando i cittadini ad arruolarsi come volontari per la conquista dell’Infinito, l’Infinito venendo incarnato in Italia dal colle dell’Infinito a Recanati, nelle Marche, cantato da Giacomo Leopardi. Giunsero messaggi di adesione da tutto il mondo di poeti, artisti, filosofi, psicanalisti libertari e lacaniani, insegnanti, galleristi, studenti e anche un sacerdote cattolico (Marco Lunghi) reduce dal monte Sion. Dall’Uruguay arrivò il messaggio di Clemente Padin, uno dei padri della mail-art. Erano messaggi di adesione alla battaglia perché l’Impero del Brutto non avesse un dominio simbolico definitivo sul globo. Questi messaggi furono, prima della spedizione dei “mille” (se non fosse stato mortale, Garibaldi ci avrebbe condotto in modo inimitabile), esposti a Recanati all’attenzione del pubblico presso “Gli eroici furori di Arte Contemporanea” di Silvia Agliotti a Milano. La spedizione risulta documentata nella pubblicazione Recanati: l’Italia Unita nella Bellezza (17 marzo 1861 – 17 marzo 2011), a cura di Tomaso Kemeny, Arcipelago Edizioni, Milano, 2011.
Ridano pure di queste righe gli affossatori del desiderio dell’impossibile. Con Pascal Picq ricordo che “la ricerca della bellezza risulta comune a tutta l’umanità”. C’è da temere che l’Impero del Brutto ci transiti tutti in un’epoca post-umana, in cui tutto avrà un prezzo e nulla un valore.

Francesco Somaini, Figura di fuoco. Prometeo (1963)