Mi chiedi cosa macchia
il fil di ferro e foglie
che stringemmo a mani nude.
Ancora ricordi le rose
dalle spine perdute ad una
ad una conficcate e vigili morse
nelle braccia e le tue mani ossute.
Ma eri vecchia e arresa.
Adesso sei giovane e vergine
intatta e ruvida come pietra grezza.
Ogni scultura sarebbe uno stupro,
eppure ogni mia scultura sarebbe amore.
Il tempo cavalca le rughe
ingrossate dal maschio vento d’agosto,
gementi come turgide madri
tanto da ferire i sorrisi,
le attese, le cure delle timide balie,
col che un tuono slabbra il cielo
e la notte mi dà sangue in risposta.
Dal tuono, sangue – Versione audio: