anfratti segnati da limiti amati
quando un passo era un masso
sul cristallo di quel mite,
lastricati nervi e polsi
di friabili pronunce
anfratti stanati da occhiate alate
perché chiedo ciò che ascolta
e non più l’eco stremata
di roventi contatti abusa
lo sguardo a scavare parole
ancora non dette
ché di scavata poi non resta
che l’orbita orfanata
dell’occhio mio che anela
visioni non altro che convesse
prigioniero ora evado
da un moto ormai conato
di corpi ottusi, reclusi
ho deciso ora evado
manca solo ciò che salva
altro sguardo, altro moto
dei tuoi capelli, dei tuoi cenni
un sorriso e mi conduci
da dentro a fuori a dentro.
Uscita introversa – versione audio: