Quante volte vi sarà capitato,
quante volte?
Dalla palude in cui si finisce per malocchio
come il ranocchio che si credeva un principe
cercare un forcipe perché ci dìa vie d’uscita
ora che la salita della giovinezza è una smentita,
quante volte?
La mia proposta ha a che fare
con la via lattea dell’infanzia ritrovata
in forma di paternità dal cielo donata
e così vi racconto cosa invento in pieno giorno
perdermi nel mondo di una bimba di nove anni
osservarla come se fossi su Marte e lei sulla Terra
solo che la Terra sembra Marte
e Marte forse è quel che la Terra dovrebbe essere.
L’invenzione di quel mondo parallelo
vissuto da notturni quando tutto intorno è diurno
quando tutti ti indicano cos’è giusto cos’è sbagliato
cosa si fa come si fa non si fa ora sì ora no
altre stagioni altre invenzioni
ricordo sul declivio dei trent’anni o poco meno
molto meno, ma tanto di più sott’altri aspetti
senza sospetti che anche lì v’entrasse il tempo
iniettasse la cardiaca tarantella dell’anzitempo
la mitraglia che spariglia me aduso alla meraviglia
Venere era il pianeta più frequentato
ai tempi in cui dalle notti ero sempre agitato,
non che oggi sia più quieto né sopito il mio ardore
solo mi manca il fragore dell’eco che lei rilasciava
e sdentata rimaneva la strega che biascicava
per l’amarezza di non avermi ancora in pugno
ma ora sì che il grugno vi ho sbattuto sulle porte
alquanto strette della prigione dell’assai vile bisogno
di sentirsi sempre a casa, con la calma mai evasa,
ed è qui che la costellazione sorse
dopo che tanta inazione mi morse
per giunta ora nel petto una stella grassa mi spunta
grassa come la risata di Mercurio
che da liquida si fa dura e rossa.
Spero stavolta non averla raccontata troppo grossa,
ma so che Venere ha in notturna
e Gemelli dentro l’urna,
per cui sapete cosa vi dico
proprio sotto a questo fico?
Su Marte dalla piccoletta mora
ho preso eterna fissa dimora.
Marte, Venere e Mercurio – Versione audio:
[da Cicatrici e altre incarnazioni, WIP Edizioni, Bari 2015, pp. 53-54]