recensione apparsa su «L’Indice», XXX, n. 10, ottobre 2013, p. 39
NICOLAO MERKER, IL NAZIONALSOCIALISMO. STORIA DI UN’IDEOLOGIA, pp. 296, € 22, Carocci, Roma 2013
Un libro ben impostato e chiaramente articolato nel suo svolgimento.
L’ideologia nazionalsocialista poggiava su due assiomi. Il primo era la dottrina del popolo inteso come razza, di cui lo Stato è soltanto uno strumento deputato al fine della sua conservazione ed espansione, ai danni delle altre razze, degenerate o comunque soccombenti. Il secondo assioma era la teoria del Capo carismatico, anzi, del Condottiero, dunque del Führer la cui volontà ha suprema validità ed è assoluto arbitrio rispetto alle regole che una comunità politica può darsi. Potente la dimensione fideistica nell’ideologia nazionalsocialista, nonché il richiamo all’“istinto” come uno dei criteri guida di scelta da parte di un popolo pensato e voluto come un monolite, secondo gli schemi propri del populismo autoritario. Merker conferma la natura di “religione politica” del nazismo, nutrita da riti di mobilitazione di massa e dalla profonda convinzione di Hitler di essere in perfetta simbiosi con la Grande Storia. Incombeva quell’idea di “destino” che tanto fascino esercitò nella cultura tedesca di quei primi decenni del ventesimo secolo.
L’abilità di Hitler e dei suoi più stretti e fedeli seguaci fu quella di trasformare materiali ideologici elaborati dentro e fuori della Germania nei decenni precedenti e di amalgamarli in un discorso semplicistico ma assai efficace per il senso comune di gran parte della popolazione tedesca profondamente frustrata e umiliata dalle conseguenze geopolitiche ed economiche della sconfitta nella prima guerra mondiale. Dall’analisi di Merker emerge tutto il peso che ebbero nel successo nazista le tradizioni autoritarie di cui la Germania abbondava. Nel marzo del 1933 Goebbels annotò nel suo diario che l’avvento nazista al potere era stato agevolato dall’innato “animo di sudditi” dei tedeschi. Sudditi riscattati ed esaltati dal culto del Capo salvifico.