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Il seme

Pieter Brueghel il Vecchio, Caduta degli angeli ribelli (1562)

Da un seme gettato a caso
di ritorno maneggio una vita
che si apre come le tue lunghe dita
e cerca sin dal primo vagito
un contatto, un cuore sopra al dito
trafitto, di sangue è l’anello tra padre e figlia

hai messo noi due dentro a un cerchio
lo hai reso un centro di gravità emozionale
per cui che io vada che io cada
sempre torno sempre volo
così che tutto mi meraviglia
come questo nostro essere
padre e figlia

grazie a te ora tengo i fulmini in pugno
e guardo un cielo scoperchiato fino a Dio

soffiami sopra e dentro e sempre
come vento caldo e inatteso
che svelle ogni dolore rappreso
sei la diana che sveglia la diana che caccia
e stana la belva, l’agguanta la sfianca

tra le fauci di un mondo
che è sazio e non sa dirselo
io mi risveglio mi scuoto e scopro
una muscolatura morale
e sogni in fase di crescita
dopo le potature della media età

del pari la tua dentizione
promette battaglia per gli anni venturi
quanto meno brandelli di mondo tra i denti
masticandone ogni cinico volgare abitante
sputandone resti sulla corte di ruffiani e lacché
che lastricano palazzi e bassifondi
tra potere e disonore
onestà da vetrina
per stupri da sottoscala

e blatera, blatera e blatera
la convenzione d’incapaci alla guida
di cittadini, vecchi giovani e figli
generazione che ci opprime da cinquant’anni

che tra le nebbie di domani appaia
come di nuova porta una soglia
la si varchi e si marchi
di qua il male, di là il bene
sapendo che sfuma
e freschi passi su terre molli
e nuove orme su altre mappe,
ancora da tracciare.

Possano farlo i tuoi piedi,
possa farlo la tua mano.

Ti lascio una penna e molto fiato.

Il seme – Versione audio: