recensione apparsa su «L’Indice», XXVI, n. 12, dicembre 2009, p. 35
Riccardo Albani, Joseph de Maistre e il problema della sovranità, Napoli, Editoriale Scientifica, 2009
Con questo libro torna in scena il “materialista mistico” Joseph de Maistre, principe di tutti i pensatori controrivoluzionari. Fu proprio il “disordine” provocato dalla Rivoluzione francese nelle strutture politiche, giuridiche e sociali europee a “trasformare” il tranquillo magistrato di Chambéry nel pensatore politico più agguerrito che la filosofia figlia dei Lumi del Settecento si sia mai trovato contro.
Riccardo Albani coglie la “novità” di de Maistre rispetto a molte delle teorie politiche circolanti in quei tempi: anzitutto, la critica alla riduzione del fenomeno religioso a “fatto privato”; l’intuizione che lo Stato moderno, fondato su delle convenzioni e ridotto ad un rapporto diretto con l’individuo singolo, privo della mediazione garantita dai corpi intermedi, potesse degenerare in una forma inedita di dispotismo, peggiore di quello orientale; infine, il sospetto che l’uguaglianza e la fraternità, intese come eliminazione delle gerarchie sociali e culturali, producessero più facilmente conflittualità endemica che armonia diffusa. Si analizza lucidamente il quesito che ossessionerà il pensatore savoiardo per tutta la vita: che cosa poteva garantire la stabilità del potere ed evitare che i popoli precipitassero in uno stato di permanente agitazione. È il problema della sovranità, messo costantemente a confronto con l’istituzione della Chiesa cattolica.
Attraverso un’ampia indagine filologica il libro ci mostra quanto certe idee anticonformiste rispetto al proprio tempo fossero maturate nella mente di de Maistre ben prima del 1789. Era avverso alla tipica tendenza illuministica di derubricare a pregiudizio tutto ciò che era tradizione, assai meno artificiale delle convenzioni che un Rousseau voleva introdurre nel rapporto tra governanti e governati mediante il “contratto sociale”. Eppure sarà “contaminato” dai Lumi e difenderà il cattolicesimo sulla base degli stessi valori universalistici, di cui la Chiesa avrebbe dovuto rivendicare la paternità.