il respiro che sento di questa città
mi dice del corpo stretto tra le pareti
il tuo corpo il suo che gonfiano.
Il respiro che sento di questa città
si fa ora affanno ora fischio
il rozzo il bambino, un saluto io
perso nelle trame delle tue mani
glabre che trafugano gli anelli
che credi corone che poni sulla testa
di chi ha tempie premute dalle pareti.
Dentro l’anello non sono accerchiato
dentro le case il respiro è più lento,
ché se la strada è muro, la stanza è varco
e da lì le pareti sono tempie che pulsano.
Clausura – versione audio:
“e non dovrei tremare se le pareti chiacchierano a questo modo? Se il mio corpo è tanto disfatto che i miei pensieri inquieti e vaganti parlano con le labbra delle pietre? E’ strano tutto questo“, disse Danton a Julie.
“L’orologio non vuol dunque riposare? A ogni ticchettio le pareti mi si stringono addosso, finché saranno strette come una bara“, disse Danton a Camille, e non solo a lui…